Tutto iniziò una sera d’inverno, Giorgio mi fece notare sulla nuova guida di ghiaccio una via sulla Torre Innerkofler, sul gruppo del Sassolungo/Sassopiatto. Immediatamente in noi nacque il desiderio di percorrerla, prima di tutto perché si tratta di una linea di ghiaccio che raggiunge una vetta e quindi non la solita cascata, secondo motivo perché è situata in ambiente alpino nel cuore delle Dolomiti.
“Mistica” questo è il suo nome, si sviluppa sulla parete ovest ed è stata la prima via di ghiaccio aperta su questo versante; richiede un lungo e faticoso avvicinamento, la via vera e propria presenta un dislivello di circa 500 metri composto da alcuni salti di ghiaccio, fra cui una bellissima candela a 90°, e la parte terminale più facile su pendi nevosi massimo di 60°.
Partiamo un sabato di febbraio, siamo entrambi molto concentrati e decisi ad arrivare sulla cima. Approfittiamo del momento che riteniamo più opportuno: migliori condizioni atmosferiche e di allenamento fisico.
Il primo giorno ci avviciniamo alla montagna, portiamo gli zaini colmi di materiale alla base della forcella tra il Dente e la Torre Innerkofler, questo ci permetterà il giorno successivo di essere più veloci. Nel frattempo constatiamo lo stato del manto nevoso, che risulta scarso, bene, questo ci faciliterà molto. Ritorniamo al camper e ci prepariamo per gli ultimi preparativi prima di infilarci nei sacco a pelo.
Il sonno durante la notte è nervoso e spesso guardo l’orologio, vorrei fossero già le 2:00, questa è l’ora della sveglia.
Finalmente l’orologio suona, è arrivato il nostro momento. A fatica usciamo dai caldi sacchi a pelo e iniziamo a vestirci e ci prepariamo velocemente la colazione.
Sono quasi le 3:00 quando partiamo. Solo la luce della luna e quella dei nostri frontali illuminano le tracce di salita ed il paesaggio che ci avvolge è molto suggestivo. Senza zaini sulle spalle camminiamo velocemente sul sentiero a tratti ghiacciato e a tratti erboso. La temperatura esterna è –10°C, ottima.
Dopo circa 1,30 raggiungiamo la base per l’imbocco alla forcella, raccogliamo gli zaini ed iniziamo la faticosa salita. In breve la raggiungiamo. Immediatamente siamo colpiti da un vento gelido e pungente che ci raffredda velocemente. Indossiamo la giacca vento ed iniziamo a scendere sull’altro versante.
E’ ancora molto buio e le montagne attorno a noi sono ancora solamente un ombra su cui ogni particolare è nascosto. Scendiamo, scendiamo, ma l’accesso della via non si vede.
Arriviamo a 2500 metri ci guardiamo in faccia, siamo scesi troppo, e decidiamo di risalire. Ad un certo punto arriviamo ad un largo canale di neve, dev’essere questo, non ce ne sono altri. Lo prendiamo e risaliamo ancora per un centinaio di metri. Alle prime roccette ci fermiamo ed iniziamo a vestirci, da questo punto in poi è prudente legarci. Indossiamo l’imbracatura, prepariamo il materiale e sfiliamo le corde. Ormai è l’alba, i primi raggi del sole iniziano a filtrare tra le creste, ci togliamo anche il frontale, ormai non serve più.
Si parte con la via vera a propria, anche se non ben identificata. Decidiamo di salire seguendo il canale che ci risulta più semplice e poi più in alto sul nevaio correggere eventuali errori.
Parte Giorgio, io gli faccio la sicura, la corda lentamente scorre nel moschettone. Ad un certo momento dalla radiolina che usiamo per tenerci in contatto, sento: “Molla tutto”. E’ arrivato il mio turno. Giorgio recupera la corda e parto. Seguo il canale che inizialmente è ghiacciato e poi diventa misto, devo superare una corta paretina lungo un camino. Aggancio la becca della picozza al chiodo sopra di me. Con una certa fatica salgo sulla cengia sovrastante e raggiungo Giorgio.
Ci accorgiamo che non è la via giusta, per sbaglio stiamo percorrendo quella più a sinistra e guarda caso è quella più dura dell’intero versante. Siamo quasi sul nevaio, si decide di correggere nel tiro successivo. Parto e con un lungo traverso su neve a scarsa coesione e roccette, mi porto sotto la goulotte ghiacciata del nostro itinerario. Di ghiaccio ce ne poco e per di più molto secco. Cerco di piantare un chiodo da ghiaccio, ma questo si infila solo per meta, allora con le due picozze faccio quello che posso e faccio sicura a Giorgio, il quale poco dopo mi raggiunge.
Siamo finalmente sulla via giusta e tutto si fa più chiaro, anche se sotto abbiamo perso molto tempo. Giorgio attacca la goulotte, purtroppo anche lui si accorge che di ghiaccio ve n’è poco e questo ci costringe talvolta a mettere un piede sulla roccia e un piede sul ghiaccio agganciando un po’ di qua e po’ di là. Anche le protezioni sono difficili da sistemare, a causa del ghiaccio secco i chiodi da ghiaccio si avvitano con difficoltà e spesso risultano solamente infilati. A tiri alterni proseguiamo. In breve siamo al tiro chiave, una candela bellissima alta circa 15 metri. E’ il turno di Giorgio e senza farselo ripetere due volte parte. Dal basso si nota subito che il tiro non è banale. Senza eccessive difficoltà superiamo il tratto difficile.
Iniziamo a sentire il profumo della vetta, anche se siamo solo a metà via, ma da qui in poi è tutto più facile. In conserva si prosegue seguendo lo stretto canale di neve ghiacciata intervallato ogni tanto da qualche breve salto di ghiaccio. Si sfruttano le protezioni esistenti, chiodi e clessidre, ogni 20/30 metri e con marcia senza riposo arriviamo sulla cresta sommitale.
E’ quasi fatta, si sale l’ultimo saltino di roccia seguendo un diedro di roccia un po’ marcia. E’ fatta, siamo sull’ampio terrazzo della vetta. Siamo felicissimi e tutte le nostre sofferenze della salita svaniscono. Ci alleggeriamo di tutto il materiale pesante, compreso giacche a vento e copri pantaloni. La temperatura è eccezionale ben 7°C, non ci sembra vero.
A piedi raggiungiamo la vetta percorrendo gli ultimi 50 metri in leggera salita e finalmente ci sediamo. Sono da poco le 13:00, abbiamo impiegato 6 ore per la via vera e propria ed ora ci gustiamo il meritato riposo.
Il sole splende come mai si è visto, a difficoltà riesco a tenere gli occhi bene aperti a causa della forte luce riflessa dal manto nevoso. La giornata è stupenda cielo terso senza nubi, sembra quasi di essere sul tetto del mondo. In questi momenti ti sembra di essere un Dio sopra tutto e tutti.
Ben presto, dopo le foto di rito, ritorniamo con i piedi per terra. Infatti siamo solo a metà, di fronte a noi si presenta il lungo ritorno da effettuarsi lungo la via di salita in corde doppie. Dopo esserci rifocillati pensiamo alla discesa, ritorniamo agli zaini ed alla nostra attrezzatura ed iniziamo le doppie.
Con una metodica organizzazione, doppia dopo doppia, scendiamo velocemente. Con 13 doppie ed un tempo di 2 ore siamo nuovamente alla base della parete. Sono le 16:30 e questo significa che possiamo scendere con la luce. Frettolosamente riempiamo gli zaini con il materiale e ci prepariamo a salire i 200 metri del canalone fino alla solita forcella. Si procede con fatica, la stanchezza inizia a farsi sentire.
Scendiamo sull’altro versante e ripercorriamo il sentiero dell’andata. Alle 18:30 siamo nuovamente al camper, esausti ma molto orgogliosi di aver portato a termine la nostra avventura. Ci concediamo di guardare il sole che tramonta dietro le montagne e dopo via verso la strada di casa.
Questo articolo è stato scritto, oltre che per piacere dell’autore, per cercare di stimolare tante persone che, arrampicatori come me e Giorgio, desiderano scoprire vie su ghiaccio, che non siano le solite cascate spesso pericolose a causa dell’ormai eccessivo affollamento, classiche e moderne in ambiente selvaggio e isolato lontano dai rumori della “civiltà”, il cui fine non sia solamente il raggiungimento delle difficoltà estreme.
26/27 Febbraio 2000
Couloir Mistica – Torre Innerkofler (Gruppo Sassolungo/Sassopiatto)
Difficoltà: IV+ 4+
by AB